lunedì 21 luglio 2008

"Il conflitto tra Amore e Società" Umberto Galimberti

(...)
Oggi l'unione tra due persone non è più condizionata dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza, o dal mantenimento ed ampliamento della propria condizione di privilegio sociale e di prestigio, ma è il frutto di una scelta individuale che avviene nel nome dell'amore, su cui le condizioni economiche, le condizioni di classe o di ceto, la famiglia, lo Stato, il diritto, la Chiesa non hanno più influenza e non esercitano più potere.
In questo modo l'amore perde tutti i suoi legami sociali e diventa un'assoluto, dove ciascuno può liberare quel profondo se stesso che non sempre può esprimere nei ruoli che occupa nell'ambito sociale.
E se un tempo l'amore si infrangeva di fronte alle convenzioni sociali, oggi appare l'unico rifugio che salva l'individuo da queste convenzioni, in cui nessuno ha l'impressione di poter essere veramente se stesso.
Ma così l'amore si avvolge nel suo enigma, dove il desiderare, lo sperare, l'intravedere una possibilità di realizzazione per se stessi cozza con la natura dell'amore, che è essenzialmente relazione all'altro, per configurarsi come un culto esasperato della soggettività, in perfetta coerenza con l'esasperato individualismo, a cui non cessa di educarci la nostra cultura, per la quale l'altro è solo un mezzo per l'accrescimento di sé.
Ma quando l'intimità è cercata per sé e non per l'atro, l'individuo non esce dalla sua solitudine e tanto meno dalla sua impermeabilità, perché, già nell'intenzione di reperire nell'amore se stesso egli ha bloccato ogni moto di trascendenza, di eccedenza, di ulteriorità, capace di mettere in gioco la sua autosufficienza intransitiva e di aprire una braccia o anche una ferita nella sua identità protetta.
Una sorta di rottura di sé perché l'altro lo attraversi.
Questo è l'amore.
Non una ricerca di se, ma dell'altro, naturalmente a nostro rischio, di spezzare la nostra autonomia, di alterare la nostra identità, squilibrandola nelle sue difese.
L'altro, infatti, non passa vicino a me come noi passiamo vicino ai muri, mi altera.
E senza questa alterazione che mi spezza, mi incrina, mi espone, come posso essere attraversato dall'altro? che è poi il solo che può consentirmi di essere, oltre a me stesso, altro da me?
L'amore non è ricerca della propria segreta soggettività, che non si riesce a reperire nel vivere sociale.
Amore è piuttosto l'espropriazione della soggettività, è essere trascinato dal soggetto oltre la sua identità, è il suo concedersi a questo trascinamento, perché solo l'altro può liberarci dal peso di una soggettività che non sa che fare di se stessa.
Per questo Amore non è una cosa tranquilla, non è delicatezza, confidenza, conforto.
Amore non é comprensione, condivisione, passione che tocca l'anima e contamina i corpi.
Amore non è silenzio, domanda, risposta, suggello di fede eterna, lacerazione di intenzioni un tempo congiunte, tradimento di promesse mancate, naufragio di sogni svegliati.
Amore è violazione dell'integrità degli individui.
La sola cosa capace di aprirci all'altro.

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